La professione tra competenze e specializzazioni

16 Gen,2018 | AREA ISTITUZIONALE

Elementi che si coagulano nella definizione delle competenze professionali, stabilite con il “Regolamento per la professione di Perito Industriale”, introdotto con R.D. 11 febbraio 1929, n. 275 (in G.U.,18 marzo, n. 65).

Infatti, nell’art. 16 R.D. 11 febbraio 1929, n. 275 si ritrovano gli elementi eterogenei di un mondo economico nazionale in piena trasformazione che aveva necessità di professionisti qualificati nei settori più disparati. “Spettano ai periti industriali, per ciascuno nei limiti delle rispettive specialità di meccanico, elettricista, edile, tessile, chimico, minerario, navale ed altre analoghe, le funzioni esecutive per i lavori alle medesime inerenti”.

Così alla professione di Perito Industriale si riconosce la competenza alla progettazione, esecuzione e direzione nei limiti delle rispettive competenze e, in generale, le “mansioni direttive nel funzionamento industriale delle aziende pertinenti le specialità stesse”. Tuttavia, la necessità di provvedere alla istituzione di un tipo di professionismo flessibile e specializzato era stato già avvertito, tanto è vero che la Legge 24 giugno 1923, n. 1395 (in G.U.,17 luglio, n. 167), recante “Disposizioni per la tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti”, all’art. 7, comma 2, statuiva, per il tramite di apposito regolamento, l’istituzione e la formazione in ogni provincia di Albi speciali per i periti agrimensori (Geometri) e per le altre categorie di periti tecnici.

I Periti Industriali di oggi continuano a formarsi presso gli Istituti Tecnici Industriali Statali, conseguendo il diploma di maturità tecnica, dopo aver seguito un corso di studi secondario superiore della durata di cinque anni, composto, a sua volta, da un biennio di formazione generale ed un triennio di specializzazione, durante il quale il discente matura la formazione professionale adeguata all’indirizzo prescelto.

Gli indirizzi specializzati, cui si accennava all’inizio, sono stati regolati nei contenuti con D.P.R. 30 settembre 1961, n. 1222 (“Sostituzione degli orari e dei programmi di insegnamento negli Istituti tecnici”), che, nella formulazione originaria, ne annoverava ben 32, ridotti, con accorpamenti successivi (D.M. 9 marzo 1994, D.M. 27 aprile 1995, n. 263), a 26 specializzazioni. Cosicché, dopo aver conseguito il diploma di maturità, l’accesso alla professione è subordinato al superamento di un esame di Stato, al quale si viene ammessi solo dopo avere svolto un periodo di praticantato. La Legge 2 febbraio 1990, n. 17 (in Gazz. Uff., 12 febbraio, n. 35), recante “Modifiche all’ordinamento dei periti industriali” e la pedissequa Delibera attuativa del Consiglio Nazionale dei Periti Industriali 24 maggio 1990, così modificata dalla delibera CNPI 2 febbraio 1996, n. 122/18, stabiliscono le modalità di svolgimento della pratica professionale che può essere svolta sia presso un professionista per la durata di un biennio, sia effettuata nelle forme equivalenti dell’attività tecnica subordinata relativa al diploma o di insegnamento per tre anni (lavoro subordinato).