Periti Industriali, 90 anni di storia guardando al futuro

11 Feb,2019 | Primo piano

“Riformare –semplificando- le regole talvolta obsolete del mondo professionale, rispondendo nello stesso a quella richiesta di snellimento e razionalizzazione del sistema invocata dall’Europa. Una riforma che diventa anche un progetto per la collettività fondato su due pilastri: semplificazione dell’attuale modello ordinistico, ed efficienza rispetto a una platea di utenti che ricerca servizi sempre più complessi e specialistici”.

Così Claudio Guasco, presidente del Consiglio nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali nel ricordare l’anniversario della nascita della categoria –è un decreto regio del 1929 che ha istituito l’ordine dei periti industriali- traccia le linee future, perché “gli anniversari servono a ricordare le radici, ma soprattutto a progettare quei passi che la categoria si sta già preparando a compiere. Oggi festeggiamo 90 anni, ma i Periti Industriali non sono più solo i professionisti disegnati dalla legge istitutiva, ma un corpo sociale in costante evoluzione e ora in una fase di grande trasformazione”. Una trasformazione iniziata da tempo e che si è concretizzata con l’obbligo della laurea triennale quale requisito minimo per l’accesso all’Albo avvenuta con la Legge 89 del 2016, primo tassello di un percorso finalizzato a innalzare la qualità professionale per fronteggiare le sfide dei nuovi mercati.

Per questo la categoria chiede a un legislatore talvolta disattento al mondo delle professioni, di attuare una riforma che diventa anche un progetto per la collettività: semplificare l’attuale modello ordinistico, infatti, non significa solo eliminare le attuali sovrapposizioni -facendo corrispondere l’iscrizione ad un Ordine ad un unico livello di laurea, uno per le professioni con laurea triennale e uno per quelle con quella magistrale- ma anche sostenerne l’efficienza rispetto alla collettività.

Per questo un altro passaggio ineludibile nel futuro dei periti industriali è quello di una semplificazione e un accorpamento delle specializzazioni verso le principali aree di sviluppo della professione.

Il mercato professionale dei periti industriali, infatti, è molto cambiato negli ultimi anni e, come testimoniano i dati del primo Osservatorio sulla categoria, realizzata dal Centro studi del Cnpi, la crisi dei settori tradizionali, quello edile innanzitutto, insieme alla contrazione dell’attività di progettazione è andata di pari passo rispetto alla ricerca di nuovi ambiti di attività e specializzazione, e al tempo stesso alla nascita di nuove opportunità di lavoro.

Se quelle specializzazioni su cui la professione ha storicamente fondato la propria identità presentano, infatti, una domanda declinante, i periti industriali si sono spostati sui nuovi ambiti: è quindi diminuito nel tempo il peso specifico del settore edile (raccoglie il 30,5% degli iscritti prima del 1980 e “solo” l’11,7% di quanti si sono iscritti dopo il 2010), mentre è iniziato a crescere il peso di nuove aree di interesse a cui la categoria si è aperta recentemente: tra gli iscritti dopo il 2010, il 4,4% appartiene al settore della prevenzione e dell’igiene, il 5,3% dell’informazione, il 3% della chimica e delle tecnologie alimentari, e infine l’1,2% al design.

Nuovi settori e nuove competenze danno oggi ossigeno alla professione: l’area informatica e digitale, la riqualificazione energetica degli edifici, la sicurezza sul lavoro e quella ambientale. Tra i servizi professionali su cui i periti industriali riscontrano una maggiore crescita della domanda di mercato, ci sono le certificazioni, perizie e consulenza tecnica (CTU), prevenzione salute e sicurezza, consulenza legale e fiscale, e molto altro. A queste si sommano tutte le competenze che derivano dall’evoluzione normativa nell’ambito della sicurezza, prevenzione incendi ed efficientemente energetico. Con un principio guida trasversale alle diverse attività: il ruolo di sussidiarietà che i professionisti sono tenuti a svolgere nell’asseverare la rispondenza alle norme, sostituendosi a quella che un tempo era una competenza esclusiva della Pubblica amministrazione.

Infine sempre la progettazione, sia edile che impiantistica continua a rappresentare la vera competenza distintiva della professione: è svolta dal 56% degli iscritti e ben il 50,7% la considera l’attività che più contraddistingue il proprio lavoro.

Proprio rispetto a questo quadro mutato è fondamentale una revisione complessiva dell’ordinamento professionale di categoria, ancora suddiviso in una pletora di settori poco rispondenti alle specializzazioni diffuse tra gli iscritti e soprattutto rispetto a quelle richieste dal mercato. In tal senso l’ albo si presta sempre di più ad accogliere tutta la serie di profili specializzati assimibilabili per competenze e formazione al perito industriale.

“La nostra categoria ha saputo sempre evolversi, assumendo un ruolo primario nel panorama delle professioni, prima contribuendo alla rinascita del Paese nel dopoguerra e, poi con le specializzazioni tecnologiche, negli anni Ottanta e Novanta sostenendo la crescita economica e sociale. Oggi serve un nuovo cambio di passo e gli stessi protagonisti di quei processi hanno tutte le carte in regola formare professionisti competitivi, autonomi e pronti per una professione di avanguardia”.